Il bracconaggio del Leopardo delle nevi in Afghanistan

Potrebbe sembrare l’ultimo dei problemi in un paese martoriato da decenni da una sanguinosa guerra che non sembra avere alcuna speranza di un esito in tempi ragionevoli. Eppure non lo è: l’estinzione è per sempre e rimandare il problema lo renderà semplicemente irrisolvibile.

I Leopardi delle nevi in Afghanistan sono riusciti a sopravvivere a due invasioni e trent’anni di guerra ma con l’ampliarsi della presenza occidentale legata all’intervento militare internazionale e alla ricostruzione una nuova gravissima minaccia si fa drammaticamente reale. Il bracconaggio per rifornire stranieri senza scrupoli, felici di spendere qualche centinaio di dollari per comprarsi un souvenir esotico clandestino sul mercato di Kabul.

Nonostante il bando totale della caccia in Afghanistan nel 2002, pellicce di Leopardo delle nevi arrivano regolarmente a rifornire i mercati nei pressi delle basi militari straniere e i bazaar dove si aggirano i civili coinvolti nei numerosi progetti di ricostruzione e sviluppo. Occidentali con le tasche piene di soldi e popolazioni locali poverissime sono sempre un cocktail micidiale per la sopravvivenza della fauna.

Un giornalista della Reuters si è fatto un giro a Chicken Street, la zona commerciale più importante di Kabul, trovando in abbondanza prodotti provenienti da specie di fauna protetta in Afghanistan. Il prezzo di una pelle di Leopardo delle nevi puo’ variare, a seconda della qualità, da 300 a 1.500 dollari. Un fattore essenziale è quante fucilate ci sono volute per ucciderlo e quindi quanti buchi ci cono sulla pelliccia.

Se qualcuno pensasse che è rischioso maneggiare certe mercanzie proibite in un paese ipercontrollato da polizia e soldati, si sbaglia di grosso; l’Afghanistan vive di esportazione di droga (e importazione di armi!) e quindi può contare su un eccellente sistema di contrabbando.

Essendo il Leopardo delle nevi nella Lista Rossa delle specie in via di estinzione, secondo le norme vigenti chiunque venga trovato in possesso di una sua pelliccia rischia sanzioni molto pesanti che negli Stati Uniti possono arrivare a 100.000 dollari.

I Leopardi estremamente elusivi (ma non abbastanza, purtroppo!) e il paese non è esattamente un posto tranquillo: ne consegue che è difficilissimo avere una stima affidabile del numero di esemplari presenti.

Una stima ragionevole potrebbe essere tra 100 e 200 esemplari sui 3.500-7.000 esistenti al mondo secondo l’International Snow Leopard Trust (ISLT). In Afghanistan vivrebbe quindi lo stesso numero di Leopardi delle nevi che vive in Buthan, che è grande un terzo. D’altra parte la situazione non è florida per nessun felino: l’Afghanistan ha più specie di felini di tutta l’Africa, ma l’unica a non essere minacciata di estinzione è il gatto.

Guerra, povertà, movimenti di popolazioni, deforestazione, bracconaggio, siccità sono tutti fattori che contribuiscono a devastare l’ambiente afgano e la sua fauna.

In Afghanistan i Leopardi delle nevi vivono concentrati nella parte nord orientale del paese all’interno di quello che viene chiamato il “corridoio di Wakhan” che separa il Tajikistan dal Pakistan per arrivare sino in Cina.

Nel tentativo di bloccare il bracconaggio, l’ufficio per l’Ambiente dell’Ambasciata USA in Afghanistan e la Wildlife Conservation Society (WCS) hanno saggiamente deciso di partire dal cliente finale. Con prezzi così elevati gli unici clienti possibili per certi prodotti sono quasi esclusivamente i cittadini stranieri.

Per questo dal 2008 è iniziata una campagna di educazione e sensibilizzazione presso le truppe e lo staff civile e una formazione specifica per coloro i quali sono addetti alla posta, e quindi anche alla spedizione di pacchi che potrebbero contenere prodotti vietati.

Grazie alla collaborazione delle autorità militari USA sono state effettuate vere e proprie perquisizioni a tappeto nei campi militari USA che non hanno mancato di dare frutti, pellicce di Leopardo delle nevi comprese. Dopo la prima sessione di formazione – dichiarano gli organizzatori – il traffico di prodotti proibiti intorno alla principale base americana a Kabul è virtualmente scomparso (o si è nascosto meglio?).

Più difficile fare passare gli stessi messaggi ai civili: la struttura militare per sua natura si presta molto meglio a impartire ordini e farli rispettare, cosa non sempre valida per il mondo civile.